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Natura Bresciana 2009 – Volume 36

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Indice degli articoli

NARDI G. E CASTAGNOLO L.
Il genere Pisidium Lamarck 1818 (Mollusca, Bivalvia, Sphaeriidae) nei laghi alpini della provincia di Brescia. Primo contributo: il bacino idrografico del fiume Oglio

Riassunto – Tra l’estate del 1999 e quella del 2004 sono stati analizzati i 146 laghi alpini appartenenti al bacino idrografico del fiume Oglio (Valle Camonica, provincia di Brescia), al fine di censire la presenza di bivalvi del genere Pisidium.
I molluschi sono stati raccolti in 27 bacini (18,5%), 7 dei quali distribuiti sul versante sinistro della valle e 20 sul quello destro, e appartengono a cinque specie differenti: P. casertanum (Poli, 1791), P. hibernicum Westerlund, 1894, P. nitidum Jenyns, 1832, P. personatum Malm, 1855 e P. subtruncatum Malm, 1855.
In 19 laghi vive una sola specie; in 6 sono presenti contemporaneamente due specie differenti; nei due laghi di Val di Scala (comune di Paisco Loveno) sono simpatriche tre specie di bivalvi.
Le valli più ricche di stazioni sono risultate la Val Paisco (Valle del Sellero e Val di Scala), la Val Paghera di Ceto (Val Dois, Val Braone e Conca del Listino), la Valle di Viso (Punta di Montozzo e Piano di Ercavallo) e le Valli di Corteno Golgi (Valle di Campovecchio, Val Brandet e Val Moranda). P. casertanum è la specie più comune, essendo presente in 23 bacini, e quella che raggiunge la quota maggiore (2.643 metri s.l.m.); P. subtruncatumvive in 9 bacini, P. personatum in 3, mentre P. nitidum e P. hibernicum solo in uno. Quest’ultima specie, estremamente rara in tutto il territorio italiano, viene segnalata per la prima volta nella regione Lombardia.
Confrontando le caratteristiche dei bacini visitati (altitudine, dimensioni, origine e tipo di terreno geologico) e quelle chimico-fi siche delle loro acque (pH e temperatura), si è tentato di stabilire quali siano le condizioni che favoriscono la presenza di questi molluschi. Solo i dati relativi al pH sembrerebbero essere determinanti: i bivalvi, infatti, sono stati raccolti in acque con valori compresi tra 6,6 e 8,2 e sono assenti nei laghi dove i pH è inferiore.
Si ritiene pertanto che necessitino di acque basiche o neutre e mal sopportino acque eccessivamente acide. I Pisidium, nella valle del fi ume Oglio, frequentano preferibilmente laghi alpini di origine naturale, di antica formazione, a volte prossimi all’intorbamento (fase senile), di dimensioni contenute (all’incirca da 2.000 a 35.000 metri quadrati), dotati di fondali fangosi (raramente sabbiosi) che permettano l’infossamento e gli spostamenti, spesso con sponde invase da vegetazione (per esempio Carex sp., Eriophorum sp., Sparganium sp.).
I bacini meno adatti ad ospitare questi bivalvi, sono invece quelli artifi ciali o quelli che si trovano a quote superiori a 2.700 metri e che, essendo alloggiati tra gli sfasciumi morenici, presentano un fondale composto da pietre o da sterile limo glaciale.


SALA G., HARDERSEN S. E BETTINI R.
Prime segnalazioni di Leptidea reali, Cupido osiris e Cacyreus marshalli per la provincia di Brescia (Lepidoptera, Papilionoidea)

Riassunto – Leptidea reali (Pieridae), Cupido osiris (Lycaenidae) e Cacyreus marshalli (Lycaenidae) sono segnalate per la prima volta per la provincia di Brescia. Quest’ultima è una specie aliena, proveniente dal Sud Africa ed è nociva al geranio. La segnalazione di questa specie documenta la sua espansione in Italia dopo il primo ritrovamento nella periferia di Roma nel 1996.


GAGLIARDI A., BERTOLI R., DINETTI M. E GARGIONI A.
Presenze avifaunistiche nell’aeroporto “Gabriele D’Annunzio” di Brescia-Montichiari

Riassunto – L’indagine, effettuata per rispondere alla necessità di aumentare le conoscenze sulla problematica degli impatti degli aeromobili con volatili (birdstrike) per motivi di sicurezza, ha fornito l’occasione per studiare l’avifauna che frequenta l’aeroporto “Gabriele D’Annunzio” di Brescia-Montichiari. L’ambiente aeroportuale, costituito per gran parte della sua estensione da un’ampia superficie prativa non coltivata, rappresenta, se confrontata con le aree esterne antropizzate e intensamente coltivate, un elemento attrattivo non trascurabile per diverse specie di uccelli, che trovano al suo interno habitat adatti per l’alimentazione, la riproduzione e la sosta. Lo studio ha permesso di identificare le specie che nei diversi periodi dell’anno hanno frequentato l’area in oggetto, di caratterizzare e quantificarne le presenze e delinearne il comportamento, sia dal punto di vista dello spazio occupato (habitat frequentati) sia delle dinamiche temporali a breve e lungo termine (giornaliere, stagionali).


GROPPALI R.
Fiumi, sponde e lanche nella Pianura Padana interna: avifauna del Po presso Cremona

Riassunto – È stata studiata mensilmente la comunità ornitica di un tratto del fiume Po, della sua sponda (artificiale, costituita con massi per deviare la corrente), di una lanca e dei loro immediati dintorni per un anno (tra novembre 1999 e ottobre 2000). Sono state così tratte alcune considerazioni riguardanti l’importanza degli elementi biocenotici più importanti per le specie osservate e per la biodiversità degli ambienti fluviali.


FASANO S., BOANO G. E FERRO G.
Biometrie dell’avifauna piemontese e valdostana

Riassunto – Gli autori hanno analizzato l’archivio del Gruppo Inanellatori Piemontesi e Valdostani che, per il periodo compreso tra il 1974 ed il 2001, raccoglie dati relativi a 281.121 individui appartenenti a 197 specie. Viene qui proposta, per le 106 specie con un campione di almeno 24 individui, l’analisi delle principali variabili morfometriche rilevate durante l’attività di inanellamento a scopo scientifico suddivise per classi di sesso ed età.


BRICHETTI P. E GARGIONI A.
Atlante degli uccelli nidificanti in provincia di Brescia (Lombardia), aggiunte 1992-2006

Riassunto – Viene presentato il secondo aggiornamento dell’Atlante delle specie nidificanti in provincia di Brescia con dati raccolti dal 1992 al 2006, dopo il primo riguardante il periodo 1985-1991. Vengono considerate 89 specie e illustrate 34 mappe che evidenziano le variazioni di areale più signifi cative. Il totale delle specie nidificanti aumenta a 177 per l’aggiunta di 11 specie: Ardea cinerea, Ardeola ralloides (nidificazione irregolare), Nycticorax nycticorax, Netta rufina, Circus aeruginosus, Crex crex, Falco subbuteo, Himantopus himantopus (nidificazione irregolare), Dendrocopos minor e Hirundo daurica (nidificazione irregolare). Incrementi numerici e/o espansioni di areale sono stati rilevati per Ardea cinerea, Falco tinnunculus, Falco peregrinus, Crex crex, Columba palumbus, Streptopelia decaocto, Asio otus, Merops apiaster, Dendrocopos major, Picus viridis, Ptyonoprogne rupestris, Regulus ignicapilla, Pica pica, Corvus monedula, Garrulus glandarius e Serinus serinus. Non sono state riconfermate le seguenti 6 specie, ad eccezione di Anas crecca, tutte rinvenute come nidifi canti possibili nell’inchiesta 1980-84: Anthus pratensis, Acrocephalus schoenobaenus, Hippolais icterina, Ficedula hypoleuca e Serinus citrinella. Non sono state prese in considerazione le specie introdotte per fini ornamentali o venatori.


GARGIONI A. E GUERRINI M.
Resoconto ornitologico bresciano 2004, 2005, 2006

Riassunto – Vengono riunite le segnalazioni ornitologiche più interessanti per la provincia di Brescia relative agli anni 2004-2005-2006. Sono esclusi i dati già pubblicati su riviste specializzate. In Appendice vengono riportate alcune segnalazioni inedite riguardanti il 2003.


ZANOTTI E.
Flora della pianura bresciana centro-occidentale, VI Aggiornamento

Riassunto – Viene aggiornato il censimento floristico della pianura bresciana centro-occidentale (ZANOTTI, 1991, 1993, 1996, 2000, 2003, 2007) con segnalazioni di reperti nuovi o risultanti da revisioni d’erbario.


ATTI DEL CONVEGNO “Le foreste di pianura: dinamica e ripristino ambientale”


BURRASCANO S., ROSATI L. E BLASI C.
Le foreste vetuste nei Parchi Nazionali d’Italia

Riassunto – Ad oggi, in Italia, non sono stati redatti studi a scala nazionale sulle foreste vetuste. Nel nostro Paese il millenario sfruttamento delle foreste ha finora fatto ritenere come improbabile la presenza di siti con caratteristiche di vetustà. Negli ultimi anni queste foreste hanno ricevuto una maggiore attenzione da parte dei ricercatori italiani con la segnalazione di alcuni esempi di boschi che possono essere definiti vetusti. Il recente interesse per questa tematica deriva anche dalle indicazioni contenute in importanti accordi e convenzioni internazionali. Lo studio presentato, realizzato nell’ambito di una Convenzione stipulata tra il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del terrritorio e del Mare e il Centro di Ricerca “Biodiversità, Fitosociologia ed Ecologia del Paesaggio”, ha avuto come obiettivo proprio quello di individuare i boschi con caratteristiche di vetustà presenti nei Parchi Nazionali Italiani, di tipificarli attraverso il metodo fitosociologico e di rilevarne le caratteristiche strutturali. Attraverso delle indagini presso gli enti locali ed i rilievi di botanici e forestali si è riusciti a definire una lista di 68 siti caratterizzati per quanto riguarda la tipologia vegetazionale e la struttura (massa viva e necromassa).


ANDREIS C. E SARTORI F.
Sintassonomia dei boschi lombardi

Riassunto – Viene riportato un inquadramento della vegetazione forestale della Lombardia stilato su base geografico-fisiografica, geolitologica, bioclimatica, biogeografica e floristica e sintetizzato in un inquadramento sintassonomico.


POLDINI L., BUFFA G., SBURLINO G. E VIDALI M.
I boschi della Pianura Padana orientale e problemi inerenti alla loro conservazione

Riassunto – Vengono descritte la serie dominante a farnia e le serie accessorie a frassino ossifillo e a ontano nero della pianura umida friulano-veneta (NE-Italia), nonché vengono affrontate le problematiche connesse alla loro conservazione e rinaturazione.


CAMERANO P., TERZUOLO P. E SINISCALCO C.
I boschi planiziali del Piemonte

Riassunto – In Piemonte si conserva, per ragioni storiche e per una minore pressione demografica rispetto ad altre regioni del Nord Italia, la maggioranza relativa dei boschi planiziali padani. Pur presentando generalmente uno stato di conservazione medio o basso, dovuto anche all’invasione di numerose specie esotiche arboree, arbustive ed erbacee, alcuni di questi boschi, la cui conservazione è legata all’uso per la caccia in prossimità delle residenze sabaude o a tenute di grandi dimensioni su suoli non particolarmente favorevoli alla coltivazione, sono ancora di notevole estensione.
I boschi ammontano a oltre 90.000 ettari, pari a un indice di boscosità poco superiore al 10%, al netto dei pioppeti coltivati e degli altri impianti di arboricoltura da legno. Viene presentata una carta della distribuzione delle principali tipologie forestali dei boschi di pianura nella regione e vengono elencati e quantificati gli habitat forestali di interesse comunitario secondo la Direttiva 92/43 CEE, inclusi o non inclusi in aree protette.


ASSINI S. E SARTORI F.
Prime valutazioni sulle opere regionali di riforestazione della pianura lombarda

Riassunto – Il progetto delle Grandi Foreste di Pianura (GFP), iniziato nel 2002, si proponeva di realizzare nuove foreste nella pianura e nei fondovalle lombardi, per rimediare alla quasi totale scomparsa di boschi in queste aree. Tra gli obiettivi del progetto figuravano: il ripristino della biodiversità in tutti i suoi contenuti; il recupero di aree planiziali degradate, in abbandono, inquinate o utilizzate impropriamente; la realizzazione di zone accessibili e vivibili, caratterizzate dalla bellezza e diversità del paesaggio. La Regione Lombardia, in collaborazione con il Dipartimento di Ecologia del Territorio (DET) dell’Università degli Studi di Pavia e il D.I.A.P. del Politecnico di Milano, ha definito uno schema di monitoraggio specifico applicabile a tutti i progetti rientranti nell’iniziativa Grandi Foreste di Pianura (GFP), che valutasse sia il progetto stesso, sia l’opera realizzata. Considerando quanto emerso dalle prime valutazioni, si può affermare che il progetto delle Grandi Foreste ha rappresentato uno strumento importantissimo per la riqualificazione della pianura lombarda. In particolare, gli obiettivi che meglio sono stati soddisfatti riguardano il recupero di aree di pianura degradate, in abbandono, inquinate o utilizzate impropriamente e la realizzazione di zone accessibili e vivibili, caratterizzate dalla bellezza del paesaggio. Non è stato, invece, soddisfatto pienamente l’obiettivo di ripristinare la biodiversità in tutti i suoi contenuti: se, infatti, per quella tassonomica, il risultato è stato molto buono, per quella ecosistemica e paesaggistica non si può affermare lo stesso.


NOLA P. E MOTTA R.
Dendroecologia e dinamica forestale nel bosco Siro Negri dell’Università di Pavia

Riassunto

1. Le foreste alluviali della Valle del Ticino sono uno degli ambienti naturali più minacciati dell’Europa meridionale perchè, ampiamente ridotte in dimensioni, sono ora rappresentate da pochi e isolati frammenti. A partire dalla fine del XIX secolo, diverse specie esotiche invasive, quali la robinia (Robinia pseudoacacia L.), sono state introdotte in questa zona, diffondendosi poi ampiamente e rappresentando ora un importante problema ecologico.

2. Nel 2005 sono stati scelti due quadrati permanenti (plot) all’interno della Riserva Naturale Integrale “Siro Negri”, per studiare l’evoluzione naturale della robinia in una foresta alluviale relativamente poco disturbata. La Riserva rappresenta uno dei relitti meglio conservati delle foreste planiziali dell’Italia settentrionale.

3. Entrambi i plot risultano densi, misti, pluristratificati, ricchi in legno morto e dominati da farnia (Quercus robur L.) e

robinia. Queste due specie sono presenti soltanto nello strato dominante e in quello intermedio e rappresentano nel complesso più dell’80% della biomassa. All’interno dei plot sono stati ricostruiti 3 disturbi principali nell’ultimo secolo. La robinia si è insediata quasi esclusivamente in corrispondenza del secondo disturbo, tra il 1940 e il 1960.

4. La dinamica della robinia all’interno della Riserva è molto simile a quella osservata nel suo areale originario, in cui essa mostra una dominanza a vita breve, prima di essere sostituita da specie più longeve e tolleranti l’ombreggiamento. Dopo essersi insediata, la specie tende ad occupare lo strato dominante e quello intermedio, ma non aumenta sostanzialmente il numero di individui.

Sintesi e applicazioni. I risultati ottenuti supportano l’ipotesi che la strategia migliore per controllare la diffusione della robinia consista nell’evitare i disturbi ed attenderne una regressione naturale.


TONIOLO M. E CAPARELLI S.
Il Bosco di Mestre: un’idea che si sta realizzando

Riassunto – Il Bosco di Mestre è l’esempio di un vasto progetto di riqualificazione paesaggistica e ambientale che consiste nella forestazione di aree agricole al margine dell’abitato di Mestre. L’esperienza illustra come mantenere stabile l’obiettivo di rigorosa qualità naturalistica, con l’adattarsi delle strategie al mutare delle condizioni di contesto.


NASTASIO P.
Riforestazione del bosco della Carpaneta e del Parco del Mella a Brescia: due esperienze a confronto

Riassunto – Vengono illustrati due interventi di forestazione in ambiente periurbano realizzati da ERSAF nei pressi di Brescia e Mantova, in Lombardia. In particolare vengono descritte le finalità delle opere e le tecniche adottate. Vengono inoltre sottolineate le attenzioni agli aspetti educativo-ambientale, didattico- culturale e ricreativo, che hanno fortemente caratterizzato l’impianto progettuale di entrambi gli interventi. Il confronto tra le due esperienze e soprattutto dell’evoluzione degli stessi nel tempo permetterà di ricavare importanti indicazioni tecniche per analoghe azioni, e verificare il conseguimento degli obiettivi prefissati.


LAZZARONI G. E LOMBARDI E.
Esempi di forestazione planiziale in provincia di Brescia. Lo stato dell’arte, le strategie

Riassunto – In provincia di Brescia l’agricoltura intensiva non offre molto spazio ad interventi di forestazione planiziale. Tuttavia qualche riuscito esempio come la grande foresta di pianura di San Gervasio Bresciano e l’iniziativa Sistemi Verdi hanno dimostrato che vale la pena di intervenire soprattutto in questo territorio, sia per questioni ambientali, sia per la maggiore sensibilità dei cittadini, anche solo recuperando le aree dimesse o divenute periurbane. La pianificazione forestale può aiutare ad individuare quali sono gli ambiti che necessiterebbero maggiormente di interventi di riforestazione oltre che a suggerire le caratteristiche tecniche in un quadro coerente rispetto alla pianificazione territoriale nel suo complesso.


CALVO E.
Conservazione delle risorse genetiche forestali per la riforestazione della pianura

Riassunto – la distruzione e frammentazione delle superfici boscate in pianura costituisce una causa rilevante dell’impoverimento del patrimonio genetico delle popolazioni e delle specie forestali. Allo stesso modo, una scarsa attenzione alla qualità genetica dei materiali di propagazione nell’uso destinato alla riforestazione ed alla riqualificazione conduce non solo a scarsi risultati negli impianti ma anche a significativi ed accertati fenomeni di inquinamento genetico. L’attenzione alla conservazione ed al buon uso delle risorse genetiche rappresenta quindi un’azione imprescindibile delle politiche di valorizzazione e ricostituzione di ecosistemi forestali.


CERIANI R., PIERCE S. E CERABOLINI B.
La riqualificazione floristica del Bosco delle Querce di Seveso e Meda a trent’anni dall’incidente dell’Icmesa

Riassunto – In seguito all’incidente dell’Icmesa del 10 luglio 1976, gli interventi di bonifica e recupero ambientale all’interno del Bosco delle Querce di Seveso e Meda hanno contribuito alla creazione di cenosi forestali complesse per quanto riguarda la componente legnosa. Tali vegetazioni sono risultate tuttavia prive della componente erbacea nemorale, che non riesce a disperdersi fino all’area in questione anche a causa della notevole urbanizzazione circostante e del conseguente isolamento geografico. In questo contesto si colloca l’intervento di riqualificazione floristica effettuato dal Centro Flora Autoctona della Regione Lombardia, realizzando vari nuclei di ricolonizzazione costituiti da otto specie erbacee tipiche della flora del sottobosco (Anemone nemorosa, Brachypodium sylvaticum, Campanula trachelium, Festuca heterophylla, Fragaria vesca, Luzula pilosa, Teucrium scorodonia, Vinca minor). Il presente contributo riporta una sintesi dei risultati ottenuti nel corso del monitoraggio condotto nelle due stagioni successive alla messa a dimora delle piante, risultati che evidenziano il complessivo successo dell’intervento.


ROSSI G., DOMINIONE V. E MONDONI A.
Strategie di conservazione in-ex situ e utilizzo delle specie erbacee nemorali nei rimboschimenti in Pianura Padana (Italia Settentrionale)

Riassunto – Recentemente si è assistito in Pianura Padana e soprattutto in Lombardia alla realizzazione di boschi di neoimpianto, che vanno in qualche modo a sostituire le antiche foreste qui ormai scomparse da oltre due mila anni. Nel progettare questa importante operazione di riforestazione ci si è ispirati alle foreste relitte, ancora presenti in alcune aree, come la valle del Fiume Ticino (Province di Milano e Pavia). Tuttavia, per garantire una ricostruzione con approccio ecosistemico e modulativo, reiterato nel tempo, è necessario considerare tutte le componenti vegetali: non solo quella di tipo legnoso, ma anche le specie erbacee nemorali, tipiche del sottobosco, secondo un programma pluriennale. Queste piante, però, sono ancora poco studiate dal punto di vista della fenologia, che porta alla formazione dei semi, e circa le modalità ed i tempi di germinabilità di questi ultimi. Ciò è stato realizzato almeno per due specie di anemone, grazie agli studi realizzati presso la Lombardy Seed Bank, operante presso l’Università di Pavia, permettendo ora una buona disponibilità di semi vitali e plantule per interventi di arricchimento floristico.


TAFFETANI F., GIANNANGELI A., MICHELETTI A., RISMONDO M., VELO K. E ZITTI S.
Boschi residui: problematiche di conservazione

Riassunto – Vengono presentati i risultati di una campagna di censimento sullo stato dei boschi residui del territorio collinare e vallivo della regione Marche, dalla quale risulta una sensibile perdita di biodiversità, che sembra legata principalmente alla mancanza di interventi gestionali. Vengono precisate le peculiarità dei boschi residui e, sulla base di esempi concreti, vengono quindi proposti interventi. per una migliore gestione.


FIPALDINI M., ROSATI L., MARIGNANI M. E BLASI C.
Diversità della flora vascolare e frammentazione dell’habitat in ambiente mediterraneo: le cerrete della campagna romana

Riassunto – Questo lavoro analizza gli effetti della dimensione del frammento sulla ricchezza e sulla composizione floristica di un arcipelago di frammenti di cerrete situate nella provincia di Roma. Sono stati effettuati 96 rilievi floristici in plot di 100m2 uniformemente distribuiti nei 18 frammenti forestali selezionati, simili per variabili ambientali e suddivisi in 4 classi dimensionali.
E’ stata testata l’ipotesi che non ci sia correlazione tra la ricchezza e la composizione floristica e la dimensione dei frammenti forestali, analizzata sia a livello di frammento che di classe dimensionale tramite analisi di regressione, Indicator Species analysis e Permutational Multivariate Analysis of Variance. La correlazione tra la ricchezza di specie e l’area è risultata positiva, mostrando una differenza signifi cativa tra la classe dimensionale “grande” e “piccola”, mentre l’analisi sulla composizione floristica basata sui dati di presenza/assenza delle specie mostra una differenza signifi cativa tra la classe “grande” e le classi “piccola” e “media”. Le specie indicatrici della classe dimensionale “grande” risultano essere specie nemorali, mentre quelle della classe “piccola” risultano essere specie arbustive e di margine. I risultati di questo studio evidenziano il ruolo della dimensione del frammento sulla comunità di specie di piante vascolari in ambiente Mediterraneo e possono supportare la pianifi cazione e la gestione ambientale.


DIGIOVINAZZO P., FICETOLA F., PADOA-SCHIOPPA E., BOTTONI L. E ANDREIS C.
Effetti della frammentazione sulla biodiversità vegetale delle formazioni boschive in ambito antropizzato

Riassunto – Scopo del presente studio è la stima della relazione tra un gruppo di indicatori nemorali e alcuni parametri morfostrutturali del frammento boschivo (area, forma, distanza) in un’area particolarmente frammentata della porzione nord-ovest della Lombardia. Al fine di ottenere il gruppo di indicatori nemorali sono state selezionate specie perenni a partire da rilievi effettuati nella parte meno frammentata dell’area di studio, caratteristiche o differenziali di Fagetalia sylvaticae, Carpinion betuli o Erythronio-Carpinion, con appropriati valori degli indici L e H di Landolt. Successivamente sono state analizzate le relazioni esistenti tra il gruppo di indicatori e le caratteristiche morfostrutturali di boschi censiti nella porzione più frammentata dell’area di studio.
Il modello GLM mostra una forte relazione tra la dimensione del frammento e il numero degli indicatori, mentre il modello GAM evidenzia una relazione non lineare tra le due variabili. Tale modello suggerisce la presenza di una soglia ecologica oltre la quale il numero degli indicatori non aumenta all’aumentare della superficie boschiva.


CERABOLINI B., BRUSA G., OSSOLA A. E PIERCE S.
Ruolo della vegetazione spontanea nell’abbattimento dei gas serra in Lombardia

Riassunto – Scopi del presente studio sono la valutazione della vegetazione reale in relazione alla sua capacità di sequestro del carbonio e del suo valore naturalistico, e la stima del miglioramento nel sequestro di carbonio che potrebbe consentire la vegetazione spontanea indirizzata verso quella potenziale. Tramite l’impiego di due indici aggregati è stato attribuito un giudizio di qualità ambientale a ciascuna classe di uso del suolo presente in Lombardia. La maggior parte della regione (ca. 45%) è occupata da vegetazioni di qualità ambientale insignificante, in quanto il loro contributo è molto carente sia nel sequestro del carbonio sia nella conservazione della biodiversità. La vegetazione potenziale contribuirebbe soltanto ad una diminuzione nel valore di NEE di circa il 17% rispetto a quello stimato per la vegetazione reale (-4.6 TgCO2 a-1). Il sequestro di carbonio può essere incrementato mediante forme di corretta gestione ambientale e ripristini di ecosistemi impoveriti, anche nei livelli di biodiversità, in particolare nell’area planiziale dove sono prevalentemente concentrate usi del suolo di tipo agricolo.


ARMIRAGLIO S., CACCIANIGA M., MICHELI E. E CAPRETTI A.
Analisi preliminari sulla dinamica della vegetazione nel SIN Brescia-Caffaro

Riassunto – Il SIN Brescia-Caffaro è stato dichiarato tale nel 2002 a causa della elevata concentrazione di inquinanti presenti nel suolo e nelle acque. Dal 2002 il SIN è sottoposto a tutela e ogni forma di gestione agricola è vietata. Si sta quindi verificando una rinaturalizzazione degli habitat presenti. Scopo del presente contributo è confrontare le tendenze evolutive della vegetazione reale rispetto a quella potenziale, in relazione alla diversità floristica attualmente presente nell’area. Le indagini floristiche preliminari evidenziano una componente terofitica rilevante, rispetto alle rimanenti forme biologiche erbacee e legnose. Ciò si riflette anche nelle vegetazioni, in cui la componente terofitica rimane importante negli incolti rimaneggiati anche a sette anni dall’abbandono. In tali situazioni, e ancor più negli orli, le geofite rizomatose con forte capacità competitiva (Sorghum halepense, Agropyron repens, Cynodon dactylon, Artemisia verlotiorum) divengono dominanti. La dominanza di queste forme biologiche delinea una fase transitoria dell’evoluzione dei campi abbandonati e consente di attribuire agli orli erbacei una struttura biologica propria, indipendente rispetto alle altre comunità rilevate.