Indice degli articoli
BERRUTI G.
Geomorfologia del bacino del T. Mella di Sarle (Alta V. Trompia)
Riassunto – L’Autore analizza gli aspetti più rilevanti dell’assetto geomorfologico generale del bacino, delle dorsali che ne delimitano il perimetro e del fondo valle. Viene posta in risalto l’incidenza dei fattori che hanno concorso a determinare tale assetto, con particolare riguardo a quelli tectonici e litologici, con marcate differenze nelle forme dei crinali e dei versanti della destra rispetto alla sinistra idrografica.
Riassunto – L’A. esamina le evidenze strutturali dell’alta V. Seria e della V. di Càsola (regione NE dell’Adamello), con particolare riguardo a due linee di dislocazione che ha riscontrato nelle metamorfiti del basamento e nelle plutoniti, e ai caratteri delle pieghe del basamento. I fenomeni vengono correlati con evidenze in parte analoghe accertate in altre aree del versante N del massiccio. L’A. ritiene che quanto ha esaminato proponga un apprezzabile rapporto tra la dinamica della L. insubrica e l’assetto dello stesso batolite nel versante settentrionale.
TINTORI A. e OLNETTI L.
Paralepidorus ornatus nel Norico della ValVestino (Magasa, Brescia)
Riassunto – Viene descritto un esemplare di Paralepidotus ornatus rinvenuto nel Norico della Val Vestino e conservato presso il Museo Civico di Scienze Naturali di Brescia. Dell’esemplare, oltre una accurata descrizione anatomica del corpo, vengono forniti i dati relativi alla preparazione e al consolidamento.
D’ALESSIO D. e PREVITALI F.
I podzoli della Valle Camonica (Alpi meridionali bresciane)
Riassunto – Attraverso osservazioni morfologiche e determinazioni analitiche, chimiche e granulometriche, sono stati studiati e classificati alcuni profili di suoli ad evoluzione podzolica della Valle Camonica. I materiali che subiscono la podzolizzazione appartengono sia alle coltri moreniche e detritiche postwiirmiane, sia al cristallino alpino, alle magmatiti del plutone terziario dell’Adamello e al complesso permo-carbonifero arenaceo-conglomeratico. Le coperture vegetali, sotto cui si svolge tale processo pedogenetico, sono costituite dalle conifere della zona montana superiore e dagli arbusteti ad ericacee e dalle praterie della zona subalpina. Sono poi stati discussi i criteri di identificazione degli orizzonti diagnostici e sono stati esaminati alcuni aspetti dei rapporti evolutivi fra suoli, topografia, vegetazione e clima.
BERRUTI G. (a cura di)
CATASTO DEI LAGHI BRESCIANI. Settimo elenco.
GALLINARI A. e PAPETTI C.
Contribuzione alla conoscenza della flora micologica bresciana. Nuovi reperti e specie rare – IX
Riassunto – Facendo seguito ai lavori già apparsi su precedenti numeri di questa rivista, viene presentato un ulteriore elenco di macromiceti reperiti per la prima volta nel territorio bresciano. Le dodici entità segnalate si aggiungono alle centottanta già descritte.
ZANOTTI E.
Segnalazioni floristiche per la pianura bresciana
Riassunto – Vengono riportate segnalazioni relative alle seguenti specie rinvenute nel corso di erborizzazioni nella pianura bresciana centro-occidentale: Vicia grandiflora, Oenothera stucchii, Lindernia dubia, Veronica peregrina, Orobanche arenaria, Conyza bonariensis, Conyza albida, Bidens frondosa, Ambrosia trifida, Baldellia ranunculoides, Elodea densa, Bromus willdenowii, Hordeum maritimum, Dasypyrum villosum, Aegilops cylindrica, Phleum arenarium.
BARBATO G.
Caratteristiche fisico-chimiche delle acque del golfo di Salò
Riassunto – Nell’arco di un anno sono state tenute sotto osservazione le caratteristiche fisico chimiche delle acque del golfo di Salò, nel lago di Garda: sono state scelte quattro stazioni prelevando le acque a diversa profondità. I risultati hanno evidenziato una situazione abbastanza buona, con scarsi elementi indice di inquinamento, con notevole ossigenazione nelle acque profonde, conseguenza forse di correnti sublacustri. La situazione meno buona è risultata essere quella attinente alla stazione n. 3, la più interna del golfo
BARBATO G.
Il lago d’Idro. Caratteristiche fisico-chimiche delle acque
Riassunto – Nell’arco di un anno è stata svolta un’indagine sulle caratteristiche fisico-chimiche delle acque dell’Eridio: i prelievi sono stati fatti in tre stazioni. I risultati hanno confermato lo stato meromittico del lago, con inversione termica sui 40 metri di profondità e alte concentrazioni di soluti nella zona profonda che è anche quasi priva di ossigeno. Sembra anche probabile l’arrivo al corpo idrico di sostanze diverse in grado di alterarne le proprietà.
BARBATO G.
Il popolamento zooplanctonico del lago d’Idro
Riassunto – Nel corso di un anno è stato esaminato lo zooplancton del lago d’Idro. Rispetto ai risultati delle analisi fatte precedentemente dall’A. è stata confermata l’assenza dei Diaptomidi, sono stati rinvenuti esemplari di Cyclops abyssorum tatricus di particolari dimensioni, assente fra i Cladoceri la Daphnia pulex. La biomassa è sempre alquanto ridotta.
BENNATI R.
Contributo alla conoscenza della fauna erpetologica dell’alta Val Camonica (Brescia)
Riassunto – L’autore riporta l’elenco dei reperti erpetologici osservati nel massiccio dell’Adamello.
BRICHETTI P.
BRICHETTI P. e CAMBI D.
Distribuzione invernale di specie nidificanti sulle Alpi lombarde
Riassunto – Vengono analizzati i risultati preliminari dell’inchiesta sugli uccelli svernanti in Provincia di Brescia (1984-8511986-87) e confrontati con quelli dell’Atlante degli uccelli nidificanti (1980-84). Sono state complessivamente rilevate 157 specie svernanti o presenti nel periodo invernale (82 non Passeriformes, 75 Passeriformes).
Il numero medio di specie per Tavoletta I.G.M. 1:25000 di circa 10 x 10 km (conteggiato sulle sole Tavolette con copertura soddisfacente) è risultato di 53,1 (60 quello relativo ai nidificanti). Tale valore risulta molto variabile a seconda dei vari settori geografici provinciali: nei settori alpini e prealpini (alta e bassa montagna) è del 30% circa inferiore a quello dei nidificanti; la situazione si inverte in quelli pianeggianti, ove gli svernanti superano i nidificanti del 24% circa; nei settori collinari i valori di ricchezza si equivalgono, attestandosi su livelli molto bassi; al contrario negli anfiteatri morenici dei laghi di Iseo e di Garda, grazie alla presenza di zone umide, la ricchezza aumenta sensibilmente (67 specie in media) per l’apporto di specie acquatiche.
In conclusione vengono illustrate le strategie di distribuzione invernale di alcune specie significative (Parus montanus, Anthus spinoletta, Phylloscopus collybita, Regulus regulus, Ptyonoprogne rupestris).
BAGOLINI B. e BIAGI P.
Distribution, chrooology and cultural significance of the «Metopal» wares of northern ltaly
Riassunto – Distribuzione, cronologia e significato culturale delle “ceramiche metopali” dell’Italia Settentrionale. Gli Autori prendono in esame i siti calcolitici che hanno sinora restituito ceramiche con decorazioni metopali e ne discutono la posizione cronologica. Vengono inoltre nuovamente sottolineate le affinità che tale stile ceramico presenta con quelli della Cultura di Fontbouisse.
Riassunto – Lo studio della malacofauna terrestre dei livelli Epigravettiani finali e del Neolitico Antico dell’Arma dello Stefanin è risultato difficoltoso a causa di due fattori. Innanzitutto per il rinvenimento di poche specie generalmente di grosse dimensioni e la conseguente mancanza di forme di microfauna più adatte ad analisi paleoambientali; poi per la sovrabbondanza generalizzata in tutta la stratigrafia di due specie dominanti che tendono a mascherare le piccole oscillazioni ed i leggeri mutamenti delle altre componenti faunistiche.
La ricostruzione paleoambientale ne risulta quindi sminuita ed è resa possibile solo dall’ausilio, in questo caso basilare, dei risultati antracologici. Le variazioni evidenziate nelle malacofaune dei vari livelli archeologici sono discusse e riassunte per sei periodi climatici, in accordo con le modificazioni del paesaggio vegetazionale. Queste abbracciano un periodo di tempo che va dal Dryas II, datato a 10750±300 be (HAR-6915) all’Atlantico Medio, datato a 4660±60 be (Bln-3276).
NANDRIS J .G.
Aspects of ethnoarchaelogy and the exploitation of highland zone
Riassunto – Aspetti dell’etnoarcheologia e lo sfruttamento delle zone montane. L’Autore prende in considerazione due diverse aree geografiche, parte dell’arco alpino centro-orientale e quello dei Carpazi, in cui sono state svolte ricerche sia archeologiche che etnoarcheologiche sui modelli d’insediamento attuale in aree montane. Viene in particolare sottolineata l’importanza dello studio etnologico per una migliore ricostruzione dei modelli di vita delle popolazioni preistoriche portando svariati esempi presi principalmente nei Balcani meridionali.
BINI A. e OROMBELLI G.
Considerazioni sulla terminologia dei sedimenti glaciali
Riassunto – Viene proposta una traduzione italiana della terminologia adottata dalla commissione INQUA per la classificazione genetica dei depositi glaciali, in quanto consente una più accurata descrizione di questa categoria di sedimenti ed una più approfondita interpretazione della dinamica dei ghiacciai nel passato.
SMIRAGLIA C.
Suoli a strisce parallele io Valfurva (Alta Valtellina)
Riassunto – Vengono descritti due suoli a strisce parallele osservati in Valfurva (Alta Valtellina). In particolare si forniscono dati morfometrici e sedimentologici sul suolo a strisce parallele rinvenuto presso la fronte del Ghiacciaio dello Zebrù a 2800 m di quota.
BARONI C. e CREMASCHl M.
Depositi eolici e di versante al margine dei travertini di Carvanno (Val Degagna, Brescia): sedimeotaziooe e pedogenesi tra il Pleistocene superiore e l’Olocene
Riassunto – Viene descritta in dettaglio una sezione costituita da una successione di depositi di versante e coltri loessiche, dello spessore di circa 4 metri, ubicata intorno a m 360 di quota, 20 metri al di sopra del T. Agna. Il profilo è costituito da un suolo policiclico, all’interno del quale si riconoscono quattro unità litostratigrafiche: alla base si trova una coltre di loess (IV Cl), ricoperto da una «Terra Rossa» (III B2) costituita da sedimenti di suolo, derivati dall’erosione di un più antico paleosuolo; seguono depositi loessici (II B21t / II B23t) intercalati da rimobilizzazioni lungo versante che, almeno in un caso sono dovute a fenomeni di geliflusso; a tetto è presente una coltre di depositi di versante, messa in posto in epoca recente (Al+ Bl).
La deposizione dell’intera serie è riferibile al Pleistocene sup. ~ Olocene. Durante il Pleistocene superiore, a fasi di sedimentazione eolica si sono alternate fasi di colluvio e di geliflussione, determinati da periodi freddo-umidi. Nel postglaciale i loess risulta fortemente pedogenizzato in un alfisuolo. Lo studio micromorfologico ha permesso di cogliere alcune fasi del processo pedogenetico: in un primo momento, in condizioni di instabilità, si depositano cutans complessi (scheletansmatransiltans); successivamente, in conseguenza della stabilizzazione dei versanti, si depongono specialmente ferri-argillans laminati e birifrangenti. Una fase di degradazione in età storica, probabilmente conseguente a deforestazione, provoca poi, a livello micromorfologico, la deposizione, nei vuoti, di riempimenti grossolani e la messa in posto dei depositi colluviali (Al+ Bl) della parte superiore del profilo. La presenza, in questi depositi, di argillans mostra che la lisciviazione delle argille è un processo ancora in atto.
Riassunto – La nota rappresenta un contributo allo studio delle fluttuazioni glaciali, nell’arco alpino, nell’Olocene ed in epoca storica. Come primo elemento di indagine è stato preso in considerazione il Ghiacciaio dei Forni, appartenente al Gruppo Ortles-Cevedale.
La ricostruzione delle variazioni della fronte è stata fatta mediante rilevamento geomorfologico di dettaglio, analisi pedologiche e lichenometriche, datazioni 14C, e consultando documenti storici, cartografici ed iconografici. Sono stati costruiti una curva lichenometrica ed un diagramma tempo-distanza delle variazioni della fronte. Sulla base dei dati sino ad oggi reperiti, sembra di poter individuare tre momenti certi di avanzata, nel 1926, 1913-14 e 1859-60. È stato inoltre evidenziato che la posizione più avanzata olocenica è stata raggiunta in un periodo riferibile al 930-710 a.C.
Il Ghiacciaio dei Forni, pur essendo il più grande ghiacciaio delle Alpi italiane, risulta non aver deposto, nell’Olocene, delle grandi marene e soprattutto appare aver risposto con un certo sfasamento alle principali variazioni climatiche recepite dagli altri ghiacciai alpini.
BARONI C., CREMASCHI M., JADOUL F. e QUINIF Y.
Significato stratigrafico e paleopedologico delle datazioni U/Th relative al cemento calcitico del conglomerato di Sotto Castello (Val Sabbia, Brescia)
Riassunto – In questa nota viene discusso il significato stratigrafico e paleopedologico di alcune datazioni isotopiche eseguite con il metodo U/Th sul cemento calcitico dei Conglomerati di Sotto Castello.
La calcite del cemento è precipitata in un’unica fase in ambiente vadoso, da acque ben ossigenate. Molto probabilmente il carbonato è stato originato per dissoluzione dei conglomerati che costituiscono il parent material sul quale si è evoluto il vetusuolo di Quintilago.
Sono state ottenute tre differenti date (> 350, 206 e 143.5 migliaia di anni), la più antica delle quali costituisce un’età minima per la precipitazione del cemento calcitico, quindi anche per la deposizione dei Conglomerati di Sotto Castello e, con tutta probabilità, anche per la pedogenesi del vetusuolo di Quintilago.
Tale datazione consente di riferire al Pleistocene medio-inferiore le ghiaie di Sotto Castello ed al Pleistocene medio il vetusuolo di Quintilago.
Le due datazioni più recenti, non essendo in relazione a differenti fasi di precipitazione del carbonato, registrerebbero una diminuzione del contenuto di Uranio per un’evoluzione, ancora in atto, del cemento calcitico.
BARONI C. e BIAGI P.
Rinvenimento di manufatti mesolitici sulla collina di Ciiiverghe (Brescia)
Riassunto – Viene segnalato il rinvenimento di manufatti litici riferibili ad un complesso Castelnoviano del Mesolitico recente, inquadrabile tra la prima metà del VI e la seconda metà del V millennio bc. L’industria trova riscontro in un analogo complesso litico rinvenuto sul Monte Netto di Poncarale.
STRADA E.
Le variazioni del ghiacciaio del Lys dalla «Piccola Glaciazione» ai nostri giorni
Riassunto – Nel presente lavoro si sono ricostruite le variazioni della fronte del ghiacciaio del Lys dalla «Piccola glaciazione» ai nostri giorni, mediante l’analisi di antiche carte, disegni, descrizioni scritte, fotografie e mediante lo studio geologico e la datazione lichenometrica delle morene terminali. Il risultato della ricerca è stato confrontato con quelli ottenuti per altri ghiacciai delle Alpi constatando una notevole corrispondenza tra le fluttuazioni di questi e quelle del ghiacciaio del L
SEGNALAZIONI
BRACK P.
Segnalazione di un ittiosauro nel triassico sul Dosso Alto (brescia)
BIAGI P.
Una punta di freccia dell’Età del Bronzo dal Monte Guglielmo
TAGLIAFERRI F.
Segnalazioni floristiche per la Valle di Scalve (Bergamo)
BENNATI R.