Indice degli articoli
BARONI C. e CARTON A.
Vedretta di Pisgagna (Gruppo dell’Adamello). Geomorfologia e variazioni oloceniche della fronte.
Riassunto – La V. Narcanello è caratterizzata, nella sua parte sommitale, dalla Vedretta di Pisgana e dall’apparato morenico della sua porzione occidentale, presso il quale sono maggiormente conservate le evidenze delle variazioni oloceniche. Sulla base di osservazioni morfologiche, stratigrafiche, tessiturali, dello stato di alterazione dei depositi, sull’osservazione del grado di lichenizzazione, dello sviluppo dei suoli e di date 14C, sono state differenziate le varie morene. Un’avanzata olocenica del ghiacciaio di Pisgana occidentale, attribuibile al Neoglaciale, è stata individuata sulla base di due date 14C che inquadrano l’evento in un periodo compreso tra 3350/3086 e 2706/2207 anni dal presente. Dall’inizio del XX sec. ad oggi, il ghiacciaio di Pisgana occidentale ha subito un generale ritiro di circa 1000 m, con brevi e limitati periodi di riavanzata, il più cospicuo dei quali si colloca tra il 1939 ed il 1941 (circa 40 m). A questa nota è allegata una carta geomorfologica dell’alta V. Narcanello.
GUGLIELMIN M.
I rock glaciers del passo del Foscagno (Livigno, Sondrio).
Riassunto – L’area oggetto di questa breve nota e della relativa carta geomorfologica è ubicata nei pressi del Passo del Foscagno, in Alta Valtellina. Si tratta di un’area di passo alpino, caratterizzata principalmente da forme e depositi glaciali e periglaciali. A partire dall’Olocene l’azione prevalente è stata indubbiamente quella periglaciale che si manifesta con diverse forme minori, ma soprattutto, attraverso i rock glaciers. In quest’area ne sono stati individuati dieci, quattro dei quali attivi, tre complessi, con una parte superiore attiva ed una inferiore inattiva o «fossile», ed infine i rimanenti tre del tutto inattivi. Scopo principale di questa breve nota è di illustrare le caratteristiche geometriche e morfologiche, la distribuzione e le relazioni con le forme glaciali, di questi rock glaciers.
Riassunto – In questo lavoro viene presentata la carta geomorfologica del territorio di Acquanegra sul Chiese. Viene descritta la metodologia utilizzata ed in particolare vengono enfatizzate l’importanza della carta altimetrica e delle ricerche volte a raccogliere gli elementi di datazione delle forme. L’analisi dei dati porta alla stesura di uno schema di evoluzione geomorfologica dell’area dal Pleistocene superiore all’attuale. I risultati ottenuti permettono di confermare la bontà della metodologia adottata per carte a piccola scala anche a cartografia di dettaglio.
Riassunto – L’Autore descrive il complesso di deformazioni di versante che interessa il fianco S del gruppo dolomitico M. Inferni-M. Palo-Corna di Savallo: la maggiore di esse è costituita dal collasso di un lungo tratto della cresta nella zona centro-orientale del gruppo. A giudizio dell’ Autore il fattore principale del processo, ritenuto tuttora in atto, è determinato dalla sovrapposizione della zolla in Dolomia Principale su un substrato plastico di litotipi delle Formazioni di S. Giovanni Bianco e dell’Arenaria di V. Sabbia. Viene esaminato il possibile concorso di eventi sismici.
BORGOGNA G. e PERFUMI P.
Geologia della zona ad ovest del fiume Chiese tra Darzo e Condino (Trento).
Riassunto – Nell’area studiata sono riconoscibili tre differenti facies della Formazione di Collio (Permiano inferiore): una vulcanica costituita da lave riolitiche e dacitiche, tufi cristallini e litici, ignimbriti; due sedimentarie che comprendono conglomerati e arenarie l’una, siltiti e argilliti l’altra. L’assetto geologico evidenzia l’esistenza di due zone in subsidenza differenziale, comunicanti per mezzo di scarpate di faglia. La zona nord-orientale è caratterizzata dalla prevalenza dì rocce vulcaniche («Porfìdi quarzìferi indistinti» degli Autori precedenti); quella sud-occidentale è invece colmata dai depositi fluviali provenienti dallo smantellamento penecontemporaneo della prima ed è suturata dagli espandimenti !avici del M. Macaone. All’attività vulcanica ed esplosiva fa seguito un periodo geologico più tranquillo: su tutta l’area si impostano bacini lacustri entro i quali si depositano arenarie fini, siltiti e argilliti.
DE DONATIS S., RIGANTI A. e RODEGHIERO F.
Mineralizzazioni a siderite-barite nella Val Camonica meridionale (Brescia, Lombardia).
Riassunto – In questo lavoro vengono presi in considerazione giacimenti di siderite, ospitati nel Servino (Scitico) della Val Camonica meridionale. Questi corpi, intensamente coltivati in passato, appaiono legati ai livelli carbonatici della serie e sono associati a concentrazioni di barite, sia filoniane, presenti anche nel sottostante Verrucano Lombardo (Permiano), sia localmente stratiformi. Viene sottolineata la presenza, nell’area camuna, di zone circoscritte di Servino sterile e di Servino mineralizzato ed evidenziata la correlazione spaziale tra queste e le sottostanti facies permiane, controllate da fattori paleogeografici marcatamente diversi secondo le varie zone. L’avvicinamento attuale di aree così dissimili tra loro (sia nello Sci ti co che nel Permiano) viene interpretato come dovuto a cause tettoniche, per sovrascorrimenti e faglie trascorrenti, che possono aver provocato una traslazione anche di parecchi chilometri.
COSSALI C.
Analisi chimiche delle «porfiriti» triassiche del monte Guglielmo (Brescia).
Riassunto – Nella presente nota vengono discussi dal punto di vista petrografico e chimico i caratteri degli affioramenti delle «porfiriti» triassiche dell’area del M. Guglielmo, compresa tra la Val Trompia e il lago d’Iseo. Le analisi chimiche eseguite indicano un carattere seriale ad affinità calcalcalina. Il dato petrochimico, riferito all’ambiente geodinamico che ha controllato la sua evoluzione non implica necessariamente l’esistenza di un regime compressivo, come chiaramente emerge dal confronto con altre serie calcale aline effuse in un regime di distensione.
CONTI M. A., MAIOTTI N., MIETTO P. e NICOSA U.
Nuove ricerche sugli Icnofossili della Formazione di Collio in Val Trompia (Brescia).
Riassunto – Gli Autori illustrano i risultati preliminari delle ricerche icnologiche condotte nella Formazione di Collio affiorante in Val Trompia (Prealpi Bresciane). Oltre ad un gran numero di impronte di tetrapodi, sono stati rinvenuti tracce di artropodi, impronte di idromeduse e rari gusci di crostacei concostraci. Alcuni di questi icnofossili sono per la prima volta segnalati nel Permiano del Sudalpino; essi permettono di correlare la Formazione di Collio con il Rotliegendes dell’Europa centrale.
CRESCINI A.
Segnalazione di piante orofile nella media Val Sabbia (Brescia, Lombardia).
Riassunto – È segnalata la presenza di un contingente di specie orofile sul versante settentrionale del Dosso Covolo, comune di Vobarno, provincia di Brescia, lungo una fascia altitudinale compresa tra 280 e 330 m s.l.m.
DE CARLI C. e TAGLIAFERRI F.
Acer opulifolium Chaix specie nuova per il Bresciano e distribuzione del genere Acer L. nella montagna e nel pedemonte bresciani.
Riassunto – Gli Autori segnalano per la prima volta la presenza di Acer opulifolium Chaix nel Bresciano. Forniscono inoltre la carta di distribuzione e l’indicazione delle stazioni della specie. Lo studio è corredato dalle segnalazioni delle località e dalle carte di distribuzione delle altre specie del genere Acer L. presenti nel territorio montano e pedemontano bresciano: Acer platanoides L., Acer campestre L., Acer pseudoplatanus L.
BELOTTI P.
Ecologia della stazione benacense di Centaurea alpina L.
Riassunto – L’Autore delinea i principali caratteri morfologici ed ecologici (clima, pedologia e vegetazione) della stazione di Centaurea alpina L. nel territorio di Toscolano Maderno e di Gargnano. Pone in evidenza altresì l’importanza dell’area in esame nell’ambito della vegetazione della Valvestino e del lago di Garda.
ZANOTTI E.
Segnalazioni floristiche per la pianura bresciana. II Contributo.
Riassunto – Vengono riportate in questo secondo contributo nuove segnalazioni di specie rinvenute nel corso di erborizzazioni nella pianura bresciana centro-occidentale: Silene conica, Nasturtium microphyllum, Anthyllis x adriatica, Oenothera erythrosepa/a, Bunium bu/bocastanum, Tordylium apulum, Lamium hybridum, Scrophularia umbrosa, Picris echioides, Gagea pratensis, Juncus tenageja, Phalaris coerulescens, Phalaris brachystachys, Panicum dichotomiflorum.
GROTTOLO M. e MAZZOLDI P.
Analisi biologica della qualità delle acque del bacino del fiume Mella (Brescia, Lombardia).
Riassunto – Nel corso del 1989 sono state indagate le popolazioni di macroinvertebrati del F. Mella e dei suoi principali affluenti nel bacino idrografico della Val Trompia al fine di valutare la qualità delle acque. Sono state scelte venti stazioni (nove sull’asta principale e undici sugli affluenti) e in ognuna sono stati effettuati due campionamenti, in corrispondenza dei regimi idrologici di piena e di magra. I dati sono stati elaborati tramite il metodo E. B .l. e sulla base dei risultati è stata stilata la mappa di qualità delle acque del bacino. Le indagini hanno permesso di suddividere il corso del fiume in tre parti con indici decrescenti di qualità; tra gli affluenti alcuni hanno acque di ottima qualità, altri invece presentano acque fortemente inquinate.
Riassunto – Viene valutato l’impatto ambientale che un depuratore comunale ha su un piccolo corso d’acqua superficiale e la capacità di quest’ultimo di autodepurarsi. La valutazione viene fatta utilizzando il metodo dell’E.B.I. stilando così anche la mappa di qualità del Naviglio di Isorella.
CASALE A., GIACHINO P. M., VAILATI D. e RAMPINI M.
Note sulla linea filetica di Phaneropella Jeannel, 1910 con descrizione di tre nuovi sottogeneri e di una nuova specie di Turchia (Coleoptera Cholevidae Bathysciinae).
Riassunto – Nella presente nota viene fornita una ridefinizione morfologica e sistematica del genere Phaneropella Jeannel, 1910, alla luce di nuovi dati e della revisione delle specie note attribuite a questo genere. L’esame delle affinità reçiproche dei taxa noti ha portato oltre che alla descrizione di una nuova specie e di tre nuovi sottogeneri anche a stabilire la sinonimia Muelleriella bonzanoi Casale, 1984 = Phaneropella (Epiroella) muelleriana Paoletti, 1975 e l’attribuzione di Muelleriella epirota Giachino, 1989 al genere Phaneropella (nov. comb.). Attualmente il genere risulta così articolato: subgen. Phaneropella s.str. per P. lesinae Reitter, Epiroella n. subgen. per P. (E.) muelleriana Paoletti, P. (E.) epirota (Giachino), Hittitia n. subgen. per P. (H.) turcica Reitter e Uludagites n. subgen. per P. (U.) minuta n. sp. Infine, vengono discussi alcuni aspetti filetici e zoogeografici relativi alla «linea filetica di Phaneropella» intesa in senso nuovo, formata cioè, per ora, da questo solo genere.
Riassunto – Nella presente nota vengono forniti dati di due nuove stazioni di Pseudoboldoria robiatii (Reitter, 1889) in territorio lombardo, a sud-est del lago di Como, site l’una presso Paderno d’Adda, oltre le cerchie moreniche pleistocenìche più esterne, l’altra a oriente del fiume Adda, sul monte Albenza. Tali stazioni, oltre ad ampliare considerevolmente l’areale noto della specie, permettono di ridiscutere le modalità di distribuzione della specie e di avanzare in proposito alcune ipotesi. In particolare viene rivalutata l’influenza della durata del Pleistocene sui fenomeni di speciazione e viene attribuita la distribuzione delle popolazioni indifferenziate di P. robiatii alla fase di deglaciazione dell’anfiteatro morenico lariano nel Tardiglaciale.
BRICHETTI P.
Prima segnalazione italiana di Numenius arquata orientalis C. L. Brehm, 1831.
Riassunto – L’Autore descrive un esemplare di Numenius arquata conservato nelle collezioni del Museo Civico di Scienze Naturali di Brescia che, sulla base dei caratteri biometrici, risulta appartenere alla ssp. orientalis. Catturato a Ghedi (BS) nel 1899, l’esemplare rappresenta il primo ritrovamento per l’Italia.
MICHELI A. e BUSETTO M.
Resoconto ornitologico bresciano 1986-1988 e 1989.
Riassunto – Il presente articolo elenca le segnalazioni di specie ornitiche più interessanti della provincia di Brescia, relative agli anni 1986-1988 compresi, e 1989. Sono escluse da tale rapporto notizie riguardanti le nidificazioni, gli svernamenti già compresi nei rispettivi Atlanti 1984-85; 1987-88 e i dati già pubblicati su riviste specialistiche.
CANDUSSIO A., FERRARI A., FERRARI U., MESSORI A., PESSINA A., PEZ O., QUAGLIARO F., TOSONE R. e TULLIO B.
Nuovi siti mesolitici in provincia di Udine.
Riassunto – Ricerche di superficie hanno portato all’individuazione di 5 siti preistorici riferibili al Mesolitico. Tre stazioni (Fornaci De Mezzo; Corno-Ripudio; Cassacco) si collocano nella fascia collinare a nord di Udine nell’anfiteatro morenico del Tagliamento, ai margini di antichi bacini inframorenici ora prosciugati. Fornaci De Mezzo ha restituito un’industria di tipo Sauveterriano, forse riferibile alla fase antica (prima metà del decimo millennio BP). Corno-Ripudio presenta invece caratteri che potrebbero indicare una fase antica del Castelnoviano, qui attestato da due armature trapezoidali. A Cassacco sono invece numerosi i Trapezi e le tipiche lame denticolate castelnoviane. Due i siti rinvenuti nell’area della bassa pianura friulana: Porpetto e Bertiolo. Il primo ha restituito pochi elementi del Mesolitico Recente, mentre il secondo parrebbe attribuibile, con riserve, al Mesolitico Antico o alla fase finale dell’Epigravettiano Italico.
COLOMBO S.
I siti mesolitici di cascina Navicella e monte Gabbione (Lonato, Brescia).
Riassunto – L’Autore descrive il rinvenimento di nuove stazioni mesolitiche nell’anfiteatro morenico del Garda (Lonato, Brescia) in prossimità di M. Gabbione e Cascina Navicella. In quest’ultima località sono state rinvenute due concentrazioni di materiali, una delle quali attribuibile ad un momento recente del Sauveterriano, la seconda probabilmente al Castelnoviano. Reperti Castelnoviani provengono anche da M. Gabbione.
Riassunto – Una datazione radiometrica per la Tomba BSII del cimitero Calcolitico di Remedello Sotto (Brescia). Viene presentata la datazione radiometrica eseguita con il metodo dell’acceleratore su di un frammento di osso di calcagno del piede destro dello scheletro di inumato della Tomba BSII del sepolcreto di Remedello Sotto. L’analisi ha fornito il risultato di 4070 ± 70 BP (Beta-35224; ETH-6196) corrispondente a 2711 (2609) 2512 cal BC (l sigma).
CLARK G.
The animai bones from a further group of Early Bronze Age pits at Ostiano, S. Salvatore (Cremona).
Riassunto – I resti faunistici di un altro gruppo di pozzetti del sito del Bronzo antico di Ostiano, S. Salvatore (Cremona). I reperti faunistici di Ostiano, S. Salvatore sono rappresentati da resti di bovini, capra/pecora, maiale e lepre. Unitamente ai reperti archeobotanici ed archeologici, questi documentano una strategia di sussistenza ben bilanciata fra allevamento ed agricoltura che concorda con la localizzazione geografico-ambientale del sito dell’età del Bronzo antica.
Riassunto – Aspetti dell’archeozoologia degli animali selvatici dell’Italia nordorientale fra il Neolitico ed il Medioevo. I resti faunistici raccolti negli scavi archeologici appartengono quasi esclusivamente ad animali relativi ad attività umana e quindi non rispecchiano esattamente la fauna di una regione. Ne consegue quindi che la percentuale dei resti di una specie animale riscontrata in un deposito archeologico può non essere identica alla presenza della specie nella fauna locale. Inoltre se delle specie sono presenti con pochi resti, questi possono appartenere ad individui trasportati ancora in vita da altre aree, oppure importati nel sito solo come parti di carcassa o di pezzi isolati. Gli animali selvatici sono molto importanti solo in sistemi economici come il Mesolitico o il primo Neolitico: ma anche in molte faune neolitiche (sempre se della fine di questo periodo) e nell’età del Bronzo e del Ferro, gli animali domestici predominano mentre quelli selvatici rivestono un’importanza ridotta. Durante l’età Romana e Medioevale gli animali selvatici sono appena presenti. Quando questi ultimi erano ancora predominanti, erano indispensabili per la produzione di carne, mentre palchi, ossa, pelli ecc., venivano impiegati nell’artigianato. In un periodo seguente le funzioni svolte dagli animali selvatici vennero quasi tutte sostituite da quelle svolte dai domestici. Quando gli animali selvatici non furono più di notevole rilevanza economica e la caccia non era più fondamentale per l’approvvigionamento in carne, la loro uccisione avveniva allo scopo di proteggere i raccolti, i depositi di viveri e gli animali domestici, possibili prede di carnivori e di altri animali nocivi. La caccia veniva inoltre praticata per il rifornimento di pelli e per altri fattori meno importanti; oltre che come attività di prestigio durante il Medioevo. Animali come l’uro ed il cinghiale vennero forse addomesticati in Italia settentrionale, oppure incrociati con animali già domestici, per quanto nessun deposito archeologico ci abbia permesso finora di seguire in dettaglio questo processo. La fauna selvatica è sempre molto uniforme dopo il Neolitico. Alcune differenze sono dovute al clima, a fattori morfologici ed alla vegetazione. I cervi predominano quasi sempre, seguiti dai cinghiali che sono più diffusi in pianura e meno (talvolta assenti) in montagna. Gli orsi bruni avevano una notevole distribuzione, ma si ritirarono poi in zone montane. Castoro e lontra sono legati ad ambienti umidi. Gli altri animali sono in genere più o meno ubiquitari. Anche se i resti di animali selvatici (esclusi il cervo, il capriolo, il cinghiale e l’orso) non sono sufficientemente numerosi per un’analisi dettagliata delle popolazioni, essi ne permettono comunque una buona conoscenza. Le dimensioni degli animali sono molto vicine a quelle riscontrate per l’area alpina settentrionale. Mentre sono ben conosciute per alcune specie, quali cervo, cinghiale, capriolo, ecc., per alcune altre sarebbe necessario l’esame di ulteriori materiali.
D’ANGELA D.
Gli isotopi dell’ossigeno come informatori paleoclimatici. Alcuni dati sperimentali.
Riassunto – Studi precedenti hanno permesso di definire l’esistenza di una relazione diretta e quantitativa che lega la composizione isotopica dell’ossigeno ci 80/160) nel fosfato delle ossa di diverse specie di mammiferi con la temperatura media annua al suolo delle località di provenienza di tali animali. Potendo applicare tale relazione a campioni di mammiferi vissuti in età preistorica risulta evidente la possibilità di compiere studi di tipo paleoclimatico e paleoidrologico. Si presentano i risultati ottenuti da campioni provenienti da alcuni siti preistorici della Pianura Padana e dal villaggio di Fossacesia Marina sulla costa Adriatica. I dati isotopici si accordano bene con le informazioni sulla situazione climatica durante l’Atlantico ottenute con altre metodologie di studio; eventuali variazioni e fluttuazioni locali vengono discusse.
SEGNALAZIONI
TAGLIAFERRI F.
Segnalazioni floristiche per la valle di Scalve (Bergamo), IV Contributo.
GROTTOLO M., MAZZOLDI M.
BIAGI P.
Una punta di freccia dell’Età del Bronzo dallo spartiacque Val Trompia -Val Camonica.